Sette anni prima

Sono riuscito a recuperare un mio vecchio testo di esattamente sette anni fa, quando il presente blog si chiamava "The secret garden of Ross Cutgrass", in cui iniziavo a trattare nello specifico di ciò che sarebbe divenuta una mia ossessione: IL TEMPO.
All'epoca tendevo a essere molto più barocco e ingarbugliato nello scrivere, come potete facilmente rendervene conto.
Comunque, ecco il testo:

mercoledì, agosto 25, 2004

Durante il prossimo quindicennio sembra ai limiti del certo che si dovranno giocoforza cambiare molte categorie di pensiero che ci hanno accompagnato negli ultimi cinquant'anni – nel lungo periodo – e negli ultimi venti/trenta, nel medio periodo.
La fiducia illimitata data al progresso dovuta al boom economico postbellico, perlomeno fino alla seconda metà degli anni sessanta, e la fiducia distrattamente cinica e inerziale nei meccanismi della bilancia (sempre in tensione) del libero mercato e del welfare state da una parte e del ricambio tecnologico associato all'azzeramento culturale in virtù di un pensiero debole, intrattenitorio e fatuo, dovuto perlopiù alla colonizzazione massmediatica amerikana, dall'altra, hanno portato a una sorta di letargia e di ottenebramento, concretizzata in una forma di progresso lineare sempre più vuoto di ogni possibile senso visto che già lo stesso andamento lineare e cronologico del tempo è una costruzione teorica e occidentale – della tradizione cristiana – che ha contagiato tutto il mondo, la quale si è semplicemente scelta, preferita – per ragioni utilitaristiche si direbbe proprio – alla versione del tempo circolare – senza dubbio più aderente alla realtà della natura – stabilita dagli antichi greci. Il tempo circolare si suppone sia quello dei fenomeni ciclici naturali, che si contappone fatalmente a quello lineare, proprio delle attività economiche, del progresso tecnologico e scientifico e della secolare illusione sequenziale, dura a morire, che si chiama letteratura, anzi, storia della letteratura, anzi, qualsiasi storia, compresa quella dell'arte e del cinema: le immagini prima solo visive e poi audiovisive a colori e magari in 3d, trionfo della diacronia. Il tempo lineare, successivo e cronologico è il tempo della pellicola, del nastro, del disco a 33 giri, della catena di montaggio, delle auto in coda ai caselli, dei telegiornali e dei libri di storia, che sezionano la realtà in avvenimenti "per via dei quali dopo non sarà più come prima", reificando, quasi glorificando, la fenomenicità e gli accidenti in un modo ormai fossilizzato da decenni di tradizione prima gazzettistica, poi radiofonica, infine televisiva e da qualche anno anche il guazzabuglio on line. Gli ultimi supporti massmediologici di cui siamo a conoscenza, il laserdisc, il cd e il dvd paiono – di là delle intenzioni dei loro stessi creatori, ovviamente ostaggio delle multinazionali per le quali il tempo (lineare) è moneta e quotazioni sul mercato della Sony – rinnegare questa eterna diacronia secolare del "tempo che scorre", questo evangelico, teleologico e repubblicano dogma del progresso continuo in attesa della seconda venuta di Cristo sulla Terra dopo la Fine dei Tempi. Mentre il vecchio LP, il nastro e la pellicola si muovono da un punto in avanti verso un altro punto sempre più avanti, rispetto a un determinata linea di riferimento (alla faccia del paradosso di Zenone), col cd e col dvd si può volontariamente creare, come in rete, qualcosa di inaspettatamente anticronologico pur partendo da originarie indicazioni sequenziali: il tempo segmentato come un anellide da cui si possono, tagliandolo – cut and paste – ricreare altri vermi i quali non sono altro che quello iniziale riprodotto da se stesso, con la sua testa e la sua coda, anche se esse non sono distinguibili l'una dall'altra. Questa è una possibilità dei supporti digitali che la si utilizza spesso, però distrattamente e senza consapevolezza ma che può ritagliare e ricucire, dare nuova linfa a qualsiasi stabilita (e monolitica) segmentazione filmica, narrativa, musicale, inscritta in una sedicente "tradizione" sempre più labile, contusa e lisa poichè composta da innumerevoli variazioni su uno stesso percorso abusato di fondo che si regge in piedi per inerzia, ormai assolutamente inflazionato poichè molato dalla ruota dell'universale tempo circolare che sfrega e consuma contro la parete (monolitica e calendarica) dell'umano, troppo umano tempo lineare.
Ritornando al discorso iniziale, il grande dispendio di soldi pubblici, i debiti internazionali, le bancarotte di colossi economici un decennio prima – apparentemente – floridi e rigogliosi, per non parlare della violenza bellica e terroristica diffusa e dei continui sprechi di energie non rinnovabili, tutto ciò è poco improbabile che riesca a determinare un collasso di quel sistema che vuole promettere a tutti i costi e a ripetizione un ricambio di novità tecnologiche, pseudoculturali e spettacolari d'intrattenimento (qui includo anche gli show con i politici, c'è qualcuno che pare abbia cominciato a occuparsi della "cosa pubblica" quasi perchè gli elettori avevano sete di novità). Tirando delle piccole, provvisorie conclusioni a tutta questa anch'essa provvisoria massa di considerazioni un poco disordinate, non ci si potrà poi troppo stupire se in futuro vi saranno lunghi momenti in cui, oggettivamente, non si saprà quasi in che anno si è; e questo processo pare che sia già iniziato e voglio mostrarlo con un esempio. Pensiamo all'atto di guardare le vecchie foto da parte dei genitori o di chi tra noi ha già una certa età: si notano di certo cambiamenti e non solo nel fisico, nelle persone, nei luoghi o nelle automobili ma anche e soprattutto nelle stesse immagini fotografiche. Questa è stata scattata con una vecchia Polaroid della fine dei sessanta, quella è una Ferraniacolor, questo rovinato bianco e nero di quel mio parente quand'era giovane è del tutto diverso, in ogni senso, dall'immagine digitale di lui settantenne che gli ho scattato oggi con un bip in mezzo secondo e che la scaricherò sul mio Pentium 4 per poi poterci fare quello che voglio con Flash, Fireworks o Photoshop 8. Il filmato che ho fatto a quella mia lontana cugina quarantenne con il mio videofonino UMTS è all'opposto di quello sgranato Super 8 che la ritrae a dieci anni sul sagrato della chiesa. In un futuro che si prospetta caotico, recessivo e con privazioni economiche stese, secondo i grafici, "a macchia di leopardo" su intere aree del globo civilizzate o di prossima civilizzazione, dovrò magari riutilizzare una macchina analogica simile a quelle degli anni ottanta per fare una foto al mio nipotino mentre io conservo diverse immagini sul portatile che parrebbero più recenti di quelle immagini al nipotino e invece sono più vecchie, ma nello stesso tempo, mentre in certi posti dell'emisfero nord si sarà costretti ad adoperare vecchie pellicole poco distante da uffici con gente in videoconferenza olografica, io potrò guardare due mie foto digitali scattate a distanza di trent'anni e saranno, impietosamente, di qualità molto affine, non come accadeva quando guardavo un ritratto fotografico degli anni sessanta e poi uno degli anni novanta. Senza contare l'assoluta diluizione che avrà la musica leggera, per adesso ancora legata a una solida filologia e storiografia (anche per la presenza di numerosi elementi ancora in vita, compresi alcuni gruppi o, come si diceva ai loro tempi, complessi) ma destinata a un inevitabile marasma di campionature, rifacimenti e rielaborazioni senza fine che prima o poi si sganceranno definitivamente da qualsiasi rapporto con un possibile contesto preesistente, un po' come la riva che si vede sempre più lontana a mano a mano che si va al largo. E mentre sopravviveranno i classici – qualsiasi classico, della storia, della musica, dell'arte, della filosofia – perchè non possono morire visto che non sono mai stati vivi nel senso comune, quotidiano, cronologico del termine, tutto il resto si autocollasserà assieme al tempo lineare.

vergato da Rossegal | 16:31 | commenti (1)

Se siete sopravissuti e non ne avete ancora abbastanza, a questo link potete trovare un altro testo di questo tipo risalente allo stesso periodo.
 

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2 commenti su “Sette anni prima

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